da il Resto del Carlino di domenica 1° aprile 2018
Approfondimento di Massimo Valentini
La recente vicenda di Facebook, che ha permesso l’utilizzo di dati sensibili degli iscritti alla piattaforma per azioni di orientamento politico, sembra una realtà lontana dalle problematiche del nostro territorio, al contrario è intimamente connessa. E’ accaduto che attraverso i social si possono acquisire miriadi di informazioni sul profilo psicologico e sociale dell’utente e quindi costruire specifiche campagne per orientare il consenso della persona facendo leva su queste caratteristiche. Sono classiche campagne di marketing che hanno tanto più effetto quanto più la persona è fragile ed orientabile. Viviamo in un mondo in cui nel contesto della globalizzazione, spinta dalla rivoluzione tecnologica, il liberismo del capitalismo finanziario ha prodotto gravi squilibri, si è accentuato il processo di individualizzazione che ha reso la persona più sola e ha esposto i territori a competizioni globali anche sleali, incrementando diseguaglianze e povertà nel mondo. In questa situazione è facile cadere vittime della rabbia che però presenta una criticità sostanziale. Tale risentimento crea un ribellismo che crede ancora ad un messianismo politico in grado di risolvere tutti i problemi non riuscendo nel contempo ad intravedere per sé una speranza immediatamente percorribile, un cambiamento personale da perseguire. Una posizione del genere, così reattiva e ultimamente disperata, è fragile e facilmente orientabile da chi intende far leva sul disagio che la persona vive. Rimane poi la domanda di fondo su cosa nel nostro territorio crea valore, se dobbiamo aspettare che la politica ci faccia uscire dalla crisi o se comunque continuano ad esistere luoghi educativi che permettono alla persona di costruire anche in una situazione così difficile. Oggi osserviamo che alcuni luoghi educativi , alcune famiglie, alcune scuole, alcuni luoghi del lavoro sia nel settore privato che pubblico, alcune associazioni o enti sia imprenditoriali che del terzo settore, continuano ad aiutare la persona a non rinunciare alla radicalità del proprio desiderio che da spessore umano, a vivere il rapporto con l’altro come la condizione necessaria per la propria crescita, a vivere ogni circostanza, sia essa bella o difficile , come l’occasione della propria crescita innovando e cambiando in continuazione. Un io così riesce a costruire in qualsiasi situazione ed è non manipolabile dal potere perché ha una capacità autonoma di giudizio e di costruzione. Per questo oggi si può affermare che la vera speranza di sviluppo e benessere del nostro paese poggia sulla presenza di corpi intermedi vitali, al contrario di quanto spesso oggi si afferma denigrandone indiscriminatamente il loro ruolo. Il nostro territorio sta oggi attraversando una radicale fase di ristrutturazione indotta dalla competizione globale e vediamo che solo quelle persone che hanno questa cultura continuano a creare valore e quindi bene comune. Si capisce allora la decisività della presenza dei corpi intermedi educativi che continuano a sostenere la persona in questa transizione. Senza di loro non avremmo alcuna prospettiva e questa considerazione giudica anche una impostazione che non parte da questo riconoscimento. Giudica alcune politiche che rivelano tutta la loro inadeguatezza quando continuano a perseguire, come sta facendo l’amministrazione della nostra regione, il vecchissimo modello del consociativismo controllato dalla politica che ora si attualizza perseguendo la centralizzazione regionale, come ad esempio stiamo vedendo in questi giorni nella vicenda della Camera di Commercio unica regionale e del Confidi unico regionale. Giudica anche le possibili nuove politiche, magari contrapposte alle precedenti, che però possono continuare ad enfatizzare una impostazione statalistica e non sussidiaria.
Guardare senza pregiudizi la realtà fa emergere chiaramente che oggi per costruire valore sociale occorrono uomini che vivono una speranza , il riconoscimento di una positività presente nel reale che fa rinascere la voglia di vivere, di costruire, di aprirsi all’altro perché non sentito più come una minaccia, di innovare costantemente. E’ paradossale, ma tali presenze sono più importanti della politica che può al contrario assolvere il proprio importante compito solo entrando in relazione stabile con esse, individuando le azioni politiche più opportune che privilegiano sussidiarietà e collaborazioni.