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Futuro del turismo locale

27 Febbraio 2019

Il Tavolo non basta, serve un progetto di marketing

L’intervento di Massimo Valentini pubblicato da Il Resto del Carlino domenica 3 febbraio

Ogni giorno ci pervengono dati che attestano la situazione difficile che sta attraversando il nostro territorio e il recente dibattito aperto da questo giornale sulle prospettive del settore turistico appare lungimirante in quanto la diversificazione sempre più decisa su questo settore può essere davvero importante. Dobbiamo però andare in profondità perché i generici appelli a fare rete possono essere non adeguati se non fuorvianti. Innanzitutto occorre chiarire di quale politica turistica abbiamo bisogno, infatti il tema non può essere ridotto ad una competizione tra comuni, seppur legittima, per spostare gente locale da una piazza all’altra in quanto quello di cui abbiamo bisogno è sviluppare l’attrattiva turistica del nostro territorio fuori regione e fuori Italia. Solo in tal modo infatti si può sviluppare un prodotto interno lordo territoriale. Occorre considerare che gli operatori del settore, singolarmente o in rete, stanno facendo miracoli generando una serie di preziosissimi nessi in giro per l’Italia e per l’Europa, ma si potrebbe fare molto di più se il sistema territorio condividesse un progetto comune di marketing territoriale che in primis andasse a sviluppare in una visione strategica quello che gli operatori stanno già facendo ma che ha bisogno di strumenti e orizzonti più ampi. Tali progetti di marketing territoriale hanno senso in due contesti, il primo a livello regionale sviluppando network di filiera tipo bike, famiglia, cultura ecc…., il secondo a livello provinciale per promuovere le specificità territoriali. Nell’affronto di tale progettualità si possono scontrare due impostazioni antitetiche, una fatta propria dalla politica centralistica che si appoggia all’esperto di turno, demiurgo che tira fuori qualche idea dal cilindro senza creare a posteriori alcun valore aggiunto per il territorio, l’altra che invece parte da quanto gli operatori di settore hanno creato sino a quel momento e da lì immagina percorsi di sviluppo condivisi. Ritorna prepotentemente alla ribalta il tema della sussidiarietà e dei corpi intermedi che oggi si pone in modo totalmente diverso rispetto a 20 anni fa. Oggi la rappresentanza come era pensata 20 anni fa non esiste più, tantissime operatori e gruppi non trovano più espressione nelle vecchie associazioni imprenditoriali che hanno dovuto scontare in questi anni una grave crisi che li ha costretti o li sta costringendo a processi regionali di accentramento in una sempre più marcata dipendenza dal potere politico regionale. Per questo motivo i cosiddetti tavoli non possono funzionare in quanto non sono rappresentativi della realtà locale e si muovono in un orizzonte consociativo-sindacale che non è adeguato per progettare lo sviluppo del territorio. Occorre che tutti raccolgano la nuova sfida. Gli operatori di settore dovrebbero convocarsi, ascoltarsi e presentare una serie di proposte da discutere con le istituzioni locali. Le istituzioni locali dovrebbero accettare di confrontarsi con le istanze reali presenti nel territorio che oggi possono essere rappresentate anche da nuovi soggetti, superando autoreferenzialità e provincialismo. Le vecchie rappresentanze imprenditoriali dovrebbero non ostacolare questo processo collaborando e cercando di recuperare le istanze delle loro origini. Potrebbe essere semplice, gli operatore di settore si autoconvocano in un momento di ascolto e di formulazione di proposte che verranno discusse con le istituzioni locali (provincia,gal,fondazione bancaria,sistema turistico locale), poi si passa alla scelta dell’esperto di marketing territoriale di comprovata esperienza nel settore che condivide con il gruppo lo sviluppo del progetto. Una volta approvato il progetto si va a negoziarlo con la regione, la cciaa regionale, il ministero e l’Europa per recuperare le risorse necessarie. Perché non credere ai miracoli? Ne abbiamo bisogno.

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