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Appello alla politica italiana

25 Gennaio 2021

La situazione che sta attraversando il Paese è drammatica, la povertà avanza , nei prossimi anni vedremo progressivamente gli effetti dirompenti della crisi che, iniziata da un ventennio, ora sta esplodendo con la pandemia. La pandemia ancora è in corso e non è prevedibile una sua rimessione a breve nonostante la campagna vaccinale sia iniziata. Quello che è certo è che oggi tutti ne stanno facendo esperienza, direttamente o attraverso qualche familiare o conoscente. La prudenza e la speranza suggeriscono che si potrebbe andare ad una normalizzazione entro il 2022, ma certezze assolute non ne abbiamo. La crisi economica provocata dalla pandemia è ancora agli albori in quanto i decreti che hanno messo in sicurezza le attività economiche non potranno continuare all’infinito e pertanto chiusure aziendali, disoccupazione e povertà sono destinate a crescere enormemente. Nel frattempo lo Stato si sta sempre più indebitando arrivando ad un debito pubblico/pil del 160% che è destinato a crescere sensibilmente anche per le conseguenze economiche della pandemia. Basti pensare che negli ultimi anni il credito in Italia è stato sempre più garantito dallo Stato per la crisi del sistema bancario e quindi gli inevitabili fallimenti aziendali che ci saranno andranno a gravare sul bilancio statale per gli affidamenti garantiti. La cooperazione europea ci sta al momento tenendo in piedi attraverso gli interventi della Bce che sta acquistando il nostro debito pubblico, come pure il programma Next Generation Eu, di cui siamo il maggiore beneficiario, è proposto dalla Europa per rilanciare la competitività dei Paesi. Il debito pubblico del Paese interessa sia il segmento di popolazione che ne sta beneficiando nel momento presente, sia la generazione futura che invece sarà necessariamente chiamata a rimborsarlo. Il contesto è straordinariamente difficile e solo le politiche da attuare nel breve termine per rilanciare la competitività e la domanda del nostro Paese possono permettere di immaginare una lenta uscita dalla crisi che potrebbe salvarci da una definitiva colonizzazione esterna e da un drastico depauperamento della ricchezza nazionale che implicherà una crescita diffusa della povertà. Sembra uno scenario apocalittico, ma purtroppo è la dura realtà. Per rilanciare la competitività del sistema Paese, oltre ad investimenti mirati e non solo sussidi assistenziali, sono necessarie una serie di riforme essenziali per poter perseguire l’efficacia di tali investimenti.

In un contesto di questo tipo è palese che a livello politico occorre una unità nazionale tra le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, almeno tra quelle più rappresentative, che possono gestire questa transizione che ci porta alla scadenza di legislatura aprendo una fase costituente che possa in due anni: gestire la pandemia, attuare un recovery plan in grado di rilanciare l’Italia e attuare quelle riforme essenziali per raggiungere tale obiettivo. Occorre pertanto un governo di salvezza nazionale guidato da una personalità super partes, stimato in Italia e in Europa per la sua autorevolezza sia morale che tecnica. Una parte politica da sola non sarebbe in grado oggi di gestire tale processo, come la storia repubblicana insegna.

La pandemia ci sta insegnando che “nessuno si salva da solo” , come ci sta ripetendo spesso Papa Francesco e quando brucia la casa è normale che tutti si adoperino per spegnere l’incendio. Il buon senso indica che ci troviamo in una situazione eccezionale che richiede unità anche in politica. L’avvitamento della politica nella spirale del personalismo e del discredito sistematico dell’avversario politico è mortale per la democrazia e quindi per il futuro del Paese.

Possibile che la politica italiana sia sorda a questa responsabilità richiesta dalla situazione ?

Una richiesta del genere, pur evidente nelle sue ragioni, sembra una utopia, ma l’eccezionalità della situazione impone la responsabilità di rilanciarla pressantemente ai rappresentanti politici italiani.

Permane comunque certo che il popolo che ha tenuto in piedi il Paese sino ad ora continuerà a costruire nelle comunità locali, ricostruendo dalle macerie, anche nel caso la politica non fosse all’altezza del compito che oggi gli è richiesto.

 

Massimo Valentini

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