Crisi russa, mercati difficili, tassazione insopportabile, cassa integrazione insoddisfacente, «sirene» inglesi che promettono sgravi fiscali, terre d’Albania e Tunisia pronte ad accogliere a braccia spalancate, estrema difficoltà nel ricambio generazionale.
Ogni giorno l’imprenditore di casa nostra combatte la sua dura battaglia. Ogni giorno deve rimotivare a se stesso la presenza in fabbrica.
Ma chi è l’imprenditore oggi, quanto il fattore umano incide nella sua impresa, quale cambiamento di mentalità deve accettare per restare saldo?
Risposte vengono dal recente Rapporto sulla sussidiarietà 2015/2016. Lo ha curato l’Università degli studi di Bergamo per conto della Fondazione per la Sussidiarietà. Una serie di docenti di materia economiche e statistiche ha condotto una ricerca tra un consistente numero di imprenditori e manager italiani. Ne sono stati sentiti 380, conducono imprese attive in quattro settori centrali per il Made in Italy (Abbigliamento/Tessile, Agroalimentare/Ortofrutta, Macchine utensili, Legno/Arredo). Il Rapporto sarà presentato presso la Camera di Commercio di Fermo, mercoledì 26 ottobre (ore 17:30). A relazionare è stato chiamato il prof. Gianmaria Martini che ha fatto parte del gruppo di ricerca. L’incontro, che sarà aperto dal presidente della Fondazione San Giacomo della Marca (organizzatrice), prevede le testimonianze di tre imprenditori: Cristian Manoni, Gianluca Mecozzi e Stefano Violoni, suggeriti da CNA, Confindustria Fermo e CdO Marche sud.
Lo studio ha voluto discostarsi dalle consuete ricerche, per indagare più a fondo «l’importanza di capacità, motivazioni, relazioni e propensioni del titolare d’impresa».
Ne sono scaturiti alcuni aspetti proposti ora al dialogo: i tratti della personalità dell’imprenditore sono determinanti non secondarie delle performance d’impresa; la tendenza cooperativa e “altruistica” del titolare, che si attua nella collaborazione con dipendenti, fornitori, partner e anche imprese dello stesso settore, ha una relazione statisticamente significativa e positiva con la crescita del fatturato, con processi di innovazione e internazionalizzazione; l’identificazione del titolare con ruolo indotti dall’esterno (famiglia o comunità di appartenenza) sembra invece esercitare un’azione di freno; le imprese con una lunga storia di proprietà familiare sembrano avere un vantaggio; i risultati in termini di innovazione e internazionalizzazione sono meno probabili se l’intervistato guarda la televisione con frequenza; emerge una relazione positiva tra la «religiosità» del titolare e la crescita del fatturato e l’innovazione di prodotto nell’impresa.
Al convegno di Fermo, le conclusioni saranno tratta dall’on. Paolo Petrini.