di Adolfo Leoni
Forse le teorie dell’homo oeconomicus non bastano più, forse le leggi dell’economia sono insufficienti da sole a spiegare le pieghe che sta prendendo il mondo, forse dovremmo rileggere il pensiero medievale quando il «noi»comunitario era superiore all’«io» individualista, forse andrebbe riletto Kant quando, nella Critica della ragion pratica, scrive di un «cielo stellato sopra di me» cui sono spinte le nostre azioni, e di una «legge morale in me» che ci obbliga a scelte quotidiane. Forse dovremo aprire nuove piste di ricerca, ed è quel che ha fatto e sta facendo l’Università degli Studi di Bergamo in collaborazione con la Fondazione per la Sussidiarietà: tenere in considerazione, studiandoli a fondo, tutti i fattori anche nel campo economico, anche in quello imprenditoriale. Specie, porsi la domanda: chi è l’imprenditore oggi, quali le sue caratteristiche? Così è scaturito l’ultimo Rapporto: Sussidiarietà e… politiche industriali.
Lo ha presentato, mercoledì pomeriggio, alla Camera di Commercio di Fermo, l’economista e docente Gianmaria Martini.
Lo studio ha preso in considerazione 3.314 imprese intervistando 380 imprenditori. Obiettivo era quello di capire da dove sgorgassero le migliori performances aziendali, cosa stesse alla base degli aumenti di fatturato. La prima considerazione di Martini è stata quella classica: l’Italia ha circa 5 milioni di imprese di cui il 95% sono piccole e medie, così accade anche per la Germania e la Francia. Ma solo in Italia il 40% della produzione è dovuto a quelle PMI: un volume enorme di prodotto. Dopo aver analizzato gli aspetti tangibili e tradizionali, il gruppo di studio lombardo, ha iniziato a scavare in quegli aspetti che Martini ha definito intangibili.
E’ venuta fuori un’immagine di imprenditore con caratteristiche particolari. Riducendo all’osso uno studio di quasi 300 pagine: le imprese che vanno meglio sono quelle il cui imprenditore ha la tendenza a collaborare con i suoi clienti, fornitori, dipendenti e colleghi di settore; che sente una forte responsabilità sociale, che si apre alla realtà rimanendone interrogato, che legge la stampa quotidiana e s’informa stando al passo con i tempi, che vede poco la televisione, che non si omologa, che ha una sensibilità religiosa, che non si fa incasellare in ruoli indotti dall’esterno. È una sorta di economia del carattere dell’uomo alla guida di una impresa sinora quasi per nulla tenuta in considerazione.
Dopo l’introduzione del presidente della Fondazione San Giacomo della Marca (organizzatrice dell’evento) Massimo Valentini, hanno preso la parola alcuni imptenditori. Cristian Manoni della ‘Nethesis di Pesaro ha raccontato la sua filosofia aziendale fondata su collaborazione e condivisione: i suoi dipendenti non «spaccano pietre, ma costruiscono cattedrali»; Gianluca Mecozzi, titolare del calzaturificio Gianros di Casette d’Ete, ha spiegato dell’impegno e responsabilità dei suoi dipendenti: una squadra che è una famiglia; Stefano Violoni si è soffermato sul passaggio generazionale, il dialogo e la cooperazione con i dipendenti. Le conclusioni sono state tratte dall’on. Paolo Petrini, vice presidente della Commissione Finanze della Camera. Il sindaco Paolo Calcinaro ha portato il saluto del Comune di Fermo.